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Pneumos

Per gli Stoici l’anima, ànemos, era il soffio vitale, ancora i tardi latini ci ricordano che pneumos altro non è che aria, respiro. Una soluzione semplice ed elegante, laddove vi è questo soffio vitale incontriamo la vita. Posso sentire i miei polmoni espandersi grazie al pneumos mentre scrivo. Noi occidentali, una parte di noi almeno, carichiamo questa parola di un peso metafisico che va aggravandosi da secoli e sembra essere tanto intricato quanto privo di qualsivoglia codifica. Per questo mi piace tornare, con gli ellenici, al semplice soffio che dà vita, che è manifestazione di vita. Qualcosa che percepisco intimamente, nel mio corpo, qualcosa che scambio con l’ambiente, con il resto della vita che mi circonda. 


Una ricerca di semplicità, di minimalismo, di significato lineare, di esperibile, che pervade anche il mio linguaggio fotografico. Nessun’anima metafisica da carpire con la fotografia dunque, solo incontri da vivere, condivisione, a partire dallo stesso ànemos appunto. Respiriamo la stessa aria, nello stesso luogo, dialogando, scoprendo qualcosa l’uno dell’altro. Se l’incontro ha un suo soffio dunque, ritengo sia esattamente questo: la condivisione. D’intenti e desiderio. 


Ed è un buon movente, questa fusione d’intenti, affinchè delle persone si incontrino sino a lasciare una traccia fotografica di questo incontro. Una traccia che, probabilmente, sopravviverà finanche all’ànemos di coloro che l’hanno vissuto. 


Così ci si incontra e si parla, si condivide, il tempo innanzitutto. Quanto è prezioso il nostro tempo? E che atto di generosità condividerlo, magari con una persona mai conosciuta prima. Un atto di coraggio, di autodeterminazione. E poco importano i ruoli, quelli possiamo sfumarli, come ci insegna la vita da sempre. 


Se l’incontro fotografico ha un suo ànemos, ritengo sia proprio questo atto di condivisione. Il fine diventa quasi un di cui. Non trovate? 


Ho incontrato persone meravigliose negli ultimi vent’anni. Persone che hanno condiviso molto di loro con me e con chi gode della traccia, il segno (semiotico), che ci lasciamo dietro. Se avessi dato loro anche solo una parte di ciò che mi è stato donato ne sarei felicissimo. Forse per questo percepisco tutta questa gratitudine e verso queste persone e verso il linguaggio che ha fomentato questi incontri. E la traccia, che semplicemente rimane, è ciò che offro. Qui e altrove. Ho idea che il segno racconti meglio di me ciò di cui sto parlando. 


lundesnombreux

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